sabato 21 settembre 2013

Essere Italiana.

Ieri, alla Camera, è passato il ddl contro le discriminazioni. Sinceramente, non so che dire. Ci penso da questa mattina e davvero non riesco a trovare le parole per esprimere lo sdegno che provo. Perché? Beh, perché tutto è tranne che una vittoria.

Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente, ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni.

Sì, avete letto bene. E ciò non riguarda solo gli omosessuali, i transessuali e i bisessuali. No. Riguarda anche le diverse religioni, etnie, nazionalità e razza. In parole povere: vi stanno sulle scatole i Valdesi? Bene, potete dirlo apertamente, utilizzando tutti i termini che volete - purché non istighino all'odio o alla violenza, eh!-, basta che vi troviate all'interno della vostra associazione politica, o a scuola, o in ospedale, o in chiesa. Contenti? Io no. Perché è come quando litighi con qualcuno e questo qualcuno, capendo di essere in torto, ti dice "Scusa, hai ragione. Però...". Ecco, io non ammetto il "però". Non esiste. O ti scusi e ammetti di aver sbagliato, o lasci perdere. Senza eccezioni.

Sapete, ho una grave malattia: credo fermamente nell'uguaglianza. Sarà grave? Forse. Il mio problema è che non vedo meridionali o settentrionali, bianchi o neri, eterosessuali o omosessuali, uomini o donne, vedo ESSERI UMANI. Sono una donna adulta che tra qualche giorno compirà trent'anni, atea, bisessuale, di sinistra. Queste sono le mie etichette. Etichette che non ho scelto. Etichette che la società mi ha attaccato addosso. Vivo nell'assurda convinzione che se un paese "civile" ha bisogno di una legge per vietare ogni tipo di discriminazione, allora tanto civile non è. E l'Italia, haimé, non è un paese civile.

Vi racconto un piccolo aneddoto. Una sera, dopo l'ennesimo caso di un ragazzino suicidatosi perché a scuola era preso di mira per la sua omosessualità, mio marito mi ha detto: "Spero che saremo dei bravi genitori. Non voglio essere quel genere di padre che parte dal presupposto che il proprio figlio debba portare a casa necessariamente una ragazza bianca. Voglio che mio figlio si senta abbastanza tranquillo da dirmi "Papà, lui Hassan, il mio ragazzo". Voglio che i nostri figli imparino che non esistono persone normali e persone anormali, ma solo persone.". Questo è l'uomo che amo. Mio marito. Uomo, ateo, eterosessuale, di sinistra.

Questa sera andrò a dormire triste. Triste per tutti i miei amici che oggi hanno avuto, una volta di più, la conferma di essere cittadini di serie B. Perché purtroppo, in Italia, se non sei bianco (ma italiano), uomo, eterosessuale, sposato, cristiano vali meno di zero. Mi dispiace amici e amiche, fratelli e sorelle, mi dispiace tanto. Oggi il mio cuore sanguina. Oggi vorrei davvero non essere italiana.

Buona strada e... SVEGLIA ITALIA!

-Simo-

La mappa Europea in termini di tolleranza. Fonte Il Fatto Quotidiano

1 commento:

  1. Ciccia, da atea, eterosessuale, di sinistra, non posso che condividere ogni singola parola di questo articolo. Di una cosa sono sicura: in questo Paese pessimo, ipocrita, pieno di pregiudizi e facile alle discriminazioni, ci saranno sempre isole felici, uomini e donne che s'interrogano sul loro ruolo di genitori e sperano di fare la differenza. Be', finché c'è gente così, vale ancora la pena di credere nel cambiamento. Finché c'è gente così, quando dico di essere italiana non provo poi tanta vergogna.

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