Di Giorgia non si sa molto, a parte che è la migliore amica
di Serena e che, in una vita passata, si chiamava Lisa e si trovava nello
stesso istituto in cui era ricoverata la madre della summenzionata Serena. Ciò
che abbiamo capito, però, è che si tratta di una donna capace di ascoltare e
amare, con qualcosa di irrisolto che la tormenta. In attesa di scoprire
qualcosa di più su Giorgia, impariamo a conoscere colei che l’ha resa così vera
e reale, Elisabetta Fischer.
Giorgia è un personaggio
taciturno, schivo. Sembra una ragazza che ascolta tanto e parla solo dopo aver
pensato a lungo cosa dire. Raccontaci un po’ di lei e di com’è stato
interpretarla. Avete qualcosa in comune?
Il personaggio di Giorgia mi è piaciuto sin dalla prima,
breve descrizione che me ne fece Francesco. Mi sembrava piena di profondità e
molto “umana”. È sicuramente una persona che ascolta molto e possiede una
evidente capacità empatica, probabilmente sono proprio le sue fragilità a
portarla a comprendere quelle altrui. Come attrice, ho trovato lo stratificarsi
di questa complessa personalità molto stimolante e le ho voluto bene da subito.
Mi piace il suo modo amorevole di approcciarsi agli altri e anche il suo essere
posata e consapevole. Quello che ci accomuna – spero – è la capacità di essere
un punto di riferimento per le persone importanti della mia vita.
Nelle ultime puntate
abbiamo scoperto che Giorgia e la Lisa che portava le margherite alla mamma di
Serena sono la stessa persona e che la poverina è affetta, presumibilmente, da
un disturbo mentale. Come ti sei approcciata a questo ruolo? Ti è pesato
interpretare una persona tanto fragile quanto problematica?
La questione del disturbo mentale di Lisa/Giorgia è un lato
ancora tutto da esplorare. Certamente è una sfida difficile, ma che mi
piacerebbe affrontare. Il cinema e il teatro che amo si fondano su personaggi la
cui la vita emotiva è continuamente cullata da maree che nascondono abissi, e i
cui i “non detti” sono la parte più vera. Quindi Giorgia ha tutte le caratteristiche
per essere un personaggio davvero completo. Chissà cosa mi riserveranno gli
sceneggiatori per la prossima stagione…
Oltre a recitare, sei
anche una bravissima disegnatrice. Mi sono imbattuta nei tuoi schizzi e li ho
trovati malinconici e molto introspettivi. Magari mi sbaglio, ma recitazione e
disegno mi sembrano attività opposte: con la prima indossi delle maschere che
nascondono il tuo vero io, l’altra ti mette a nudo. Che ne pensi? E quale delle
due attività ti dà maggior soddisfazione?
Intanto ti ringrazio per queste tue parole sulle mie
illustrazioni. Disegnare è il mio modo di raccontarmi e di entrare in contatto
con le mie emozioni, è diventato un bisogno fondamentale per me e mi fa stare
bene. Personalmente, non trovo sia poi così dissimile dal recitare. Io credo
che le maschere che ci offrono i personaggi siano un buon nascondiglio dentro
cui sperimentare parti molto vere e profonde di noi e che nascondano grandi
verità degli attori che le incarnano. Dipende tutto dal grado di onestà con cui
l’attore offre la parte più vera di sé, dalla sua generosità; tutto il resto –
la finzione, le strategie estetiche – per me non hanno nulla a che fare con la
recitazione, sono solo maschere vuote. Entrambe queste forme sono per me un
modo di raccontarsi, quello che cambia è che nel disegnare sono immersa nel mio
mondo, e nel recitare, invece, questo mondo si apre all’incontro con l’altro,
che sia il regista o i colleghi o i personaggi.
Voci di corridoio
dicono che conosci molto bene uno dei registi e sceneggiatori, Francesco
D’Alessio, quindi la domanda è obbligatoria: quanto c’è di lui in Giulio e in
cosa, invece, lui e il suo personaggio sono agli antipodi.
Le voci di corridoio sono molto ben informate. In effetti,
io e Francesco ci conosciamo da secoli ormai, e non solo come amici, ma anche
professionalmente. Ci siamo incontrati proprio perché quando eravamo appena
ventenni lui mi fece un provino. Devo dire che di Giulio lui possiede tutti i
lati positivi: la dolcezza infinita, la forza, la simpatia e la capacità di
credere nei sogni. Onestamente non mi vengono in mente lati contrastanti, ma
del resto sono proprio di parte (ride).
I mesi sul set sono stati un vero spasso, con la troupe e i
colleghi c’è stata grande sintonia e il clima di lavoro era proprio familiare.
Unico neo: i ritardi, in questo sono un po’ da tirata d’orecchie. Ma mi è
rimasta un gran voglia di ricominciare e sono super curiosa di sapere cosa
frulla nella mente diabolica del reparto sceneggiatura.
Se volete dare un'occhiata ai lavori di Elisabetta potete visitare la sua pagina Facebook Lisefischer.
-Simo- ;*